Jelly[The]Belly |
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| Beh, allora, non so se questa sia esattamente la sezione adatta, comunque intanto posto qui. Stavo scrivendo ed è successo che mi servisse una parola che non esiste. Spesse volte capita di avere proprio bisogno di un aggettivo derivante da un sostantivo o viceversa. Nel mio caso specifico, per parlare di un colore, avrei voluto usare la parola moganato (quindi color mogano, castano intenso tendente al rosso), ma a quanto pare questo aggettivo non esiste. Un caso analogo è, per esempio, la mancanza del sostantivo di allibito (grazie a Dio, non mi sono impegnata per supplire anche questa, penso sia impossibile da fare rimanendo entro i limiti della decenza…).
Insomma, alla fine della storia, visto che la frase mi piaceva molto di più con moganato al posto di color mogano, mi sono presa 'sta gran licenza e basta, tanto scrivo per me e buona notte al secchio. Però mi chiedevo se e quando fosse lecito proporre dei neologismi. Ci sono criteri o meno per farlo? E cosa ne pensate?
A mio avviso ci sono diverse parole difettive di qualcosa che potrebbero esistere e non esistono, ma è anche vero che in certi casi (come per allibito di cui sopra) si cadrebbe in cacofonie orripilanti che a nessuno piacerebbe effettivamente usare all'interno di uno scritto che aspira ad essere piacevole da leggere! Dal mio canto (considerando che non penso pubblicherò mai libri) continuo a storpiare le parole quando mi servono, ma cerco di farlo con quella coerenza che mi fa dire "questa parola potrebbe benissimo essere una vera parola se a qualcuno mai servisse". Essendo una tipa molto pratica rispondo alla questione "come" andando a sentimento e a orecchio (e prendendo spunto da casi analoghi, sempre per parlare praticamente tipo ambra da cui ambrato), mentre al "perché" continuo a rispondere di necessità virtù (sempre che di virtù si possa parlare!)
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